Sfratto per morosità: è possibile chiedere nello stesso giudizio i canoni scaduti anche dopo la pronuncia di risoluzione del contratto?
Sì, ma la questione merita un approfondimento anche grazie ad una recente pronuncia della Corte di Cassazione.
Quando il locatore – solitamente il proprietario di casa- intima lo sfratto per morosità chiede al giudice:
- la risoluzione del contratto ossia che a questo si ponga fine;
- la condanna al rilascio dell’immobile, stabilendo un termine;
- la condanna al pagamento dei canoni di locazione insoluti scaduti ed a scadere.
Concentriamoci proprio sull’ultimo punto.
Il fatto che il locatore domandi al giudice i canoni successivi, nonostante il contratto sia finito in quanto dichiarato risolto, significa che vuole far rimanere in vita il rapporto di locazione fino alla originaria scadenza?
No.
Infatti, il proprietario può ottenere con un unico titolo sia la condanna al pagamento dei canoni scaduti e di quelli che matureranno successivamente, fino a quando l’immobile non sarà liberato, volontariamente oppure mediante esecuzione forzata.
Tali somme di denaro verranno corrisposte a titolo di indennità di occupazione. Significa, infatti, che l’inquilino non ha più diritto di rimanere nell’immobile e la sua è una occupazione senza titolo. Di conseguenza è tenuto a corrispondere al proprietario locatore una somma per tutto il periodo che precede la restituzione. Tale somma corrisponde all’importo del canone che l’inquilino avrebbe pagato se il contratto fosse continuato.
Ecco spiegato perché è possibile chiedere la condanna per i canoni passati e per quelli a scadere.
La conseguenza è un grande risparmio in termini di tempo e denaro per i proprietari locatori i quali possono proporre un unico giudizio in tribunale.
Al prossimo aggiornamento.
Ecco la massima della Cassazione a cui si ispira questo articolo.
“In tema di locazione di immobili urbani, quando venga intimato sfratto per morosità e, a seguito dell’opposizione del conduttore, sorga controversia tra le parti, la domanda formulata dalla parte locatrice in primo grado e diretta ad ottenere – oltre la risoluzione del contratto – anche la condanna del conduttore al pagamento dei canoni scaduti e da scadere, non può considerarsi né una domanda nuova, né una domanda diretta ad ottenere l’adempimento dopo che era stata richiesta la risoluzione, vietata ai sensi del secondo comma dell’art. 1453 cod. civ., perché, nel caso in cui il locatore abbia proposto domanda di risoluzione del contratto di locazione per morosità, l’ulteriore richiesta di pagamento dei canoni scaduti e da scadere non incorre nel divieto stabilito da tale norma, in quanto il locatore, richiedendo anche il pagamento dei canoni, non intende far rimanere in vita il rapporto fino alla scadenza pattuita o imposta dalla legge, ma, al contrario, esige contemporaneamente alla risoluzione del contratto, il pagamento di quanto dovutogli dal conduttore come corrispettivo per il godimento dell’immobile, ponendosi tale ulteriore richiesta, pertanto, come un ampliamento quantitativo di quella originaria che, mantenendo inalterati i termini della contestazione, determina soltanto una modificazione della medesima domanda originaria”(Cassazione, Ordinanza, 18/08/2023, n. 24819).